Decentralizzare per Decarbonizzare

La corsa all’oro della decarbonizzazione nei vari settori – dall’energetico a quello dei rifiuti passando per l’agroalimentare – nota come “transizione ecologica” è sentita nel nostro Paese al punto da battezzarvi un Ministero. La questione è strettamente legata allo sviluppo e alla disseminazione di nuove tecnologie, così come al ripensare l’attuale sistema di gestione delle risorse.

La maggior parte dei settori produttivi o di gestione dei rifiuti sono oggi prevalentemente centralizzati e sottoposti ad una forte pressione, considerando anche il costante aumento di abitanti sul nostro Pianeta. Le popolazioni si concentrano perlopiù in città, con la conseguenza di richiedere, a monte, un eccessivo uso di risorse e provocare, a valle, numerosi sprechi. È evidente perciò che questo modello, sebbene di imprescindibile importanza, non possa rappresentare l’unica soluzione a queste problematiche che quotidianamente contribuiscono ad aggravare i cambiamenti climatici.

Il mantra da seguire, allora, sia nell’amministrare le risorse che nello sforzo imprenditoriale, diventa “decentralizzare per decarbonizzare”.

Ma è davvero possibile abbracciare modelli di sviluppo sostenibile di piccolissima scala?

La risposta è sì. E lo si può fare a vari livelli, tutti ugualmente rilevanti nel conseguimento dell’obiettivo, e finalmente sembrano averlo capito sia l’Unione Europea che gli Stati Membri. È del 2018, infatti, un’importantissima Direttiva Europea che prende il nome di REDII il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo delle rinnovabili attraverso l’istituzione delle cosiddette Comunità di Energia Rinnovabile, o CER.

In breve, le CER sono dei soggetti giuridici – come l’associazione, la cooperativa e il living lab – a cui possono liberamente aderire privati cittadini, Piccole e Medie Imprese, autorità locali e amministrazioni comunali. Nascono con il fine di creare benessere sociale ed economico per la comunità, beneficiando di un modello energetico che si basa sulla produzione in loco e sull’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Questo modello ha due grossi vantaggi: da un lato incentiva localmente la produzione e il consumo di energia pulita, alleggerendo il sistema centralizzato; dall’altro combatte il fenomeno crescente della povertà energetica, permettendo finalmente a famiglie con basso reddito di accedere al mercato delle rinnovabili con un investimento iniziale molto più contenuto se paragonato all’acquisto privato di un impianto di produzione di energia (es. fotovoltaico).

Questo modello è pensato sia per integrarsi con il tessuto urbano delle città che per estendersi a zone rurali. Nel secondo caso, si possono immaginare esperienze che, partendo dall’”empatia energetica” delle CER, si estendano a un concetto più ampio del vivere off-grid: autoproduzione alimentare, gestione sostenibile e in loco dei rifiuti e recupero delle acque reflue. Ed è proprio in questo tipo di contesto che Lumo affonda le sue radici ideologiche e tecnologiche: comunità, collaborazione, condivisione ed empatia.

Alcuni potrebbero chiamarla utopia, per noi è il presente.

TP

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